Image Slider

Follow on Bloglovin

"I Gabbiani dell'Incertezza"

martedì 18 febbraio 2014
Non mi avevi mai detto che da casa tua si sentono i gabbiani.

Se me l'avessi detto non ci avrei creduto, perché chi li ha mai sentiti i gabbiani in città.

I Gabbiani sanno di mare, di nottate con coperte di stelle, la musica in lontananza da un villaggio vicino e cuori che battono, confusi, emozionati e decisi.

Quando lasci la finestra aperta è un po' così.


Come avere un pezzo di mare tutto l'anno.

Un bicchiere di vino sul davanzale, la luna che brilla e te intorno.

Sensazioni poetiche, ma anche così volatili, approposito di gabbiani.

Si perché come in tutte le avventure di mare non si sa mai come va a finire.

E questo rende tutto così speciale… diresti tu, forse.

Io invece ho sempre pensato che l'incertezza allontanasse, forse perché la mia vita di incertezze è gremita.

"Una parte di te me la devi dare, decidi tu quale, ma una parte di te me la devi dare".

Così mi dici.

Ma poi i minuti passano, le notti volano.
I gabbiani dell'incertezza cantano, mentre tu prendi una parte di me che nemmeno io so quale sia.

Pensavo a quanto siano potenti le parole.
Ora io qui le uso, e qualcuno sogna leggendomi.
Quanti sogni e quante illusioni si possono creare con le parole?

Quanto si può piangere e recriminare per parole dette e non mantenute.
Molto meno per sguardi che dicevano amore senza dichiararlo.

Tu forse lo sai bene.

Proviamo a guardarci senza sorridere.
"Ma non ci riusciamo mai".
Wikipedia dice che un sorriso rende più profondo lo sguardo.
E che da questo deriva l'espressione "sorridere con gli occhi".
Tu mi sorridi con gli occhi, con quelle piccole rughe d'espressione che se qualcuno le vede e le riesce poi a dimenticare è solo un pazzo.

Quando sorridi così inizia un viaggio senza ritorno.
Come quella storia che avevo scritto alle elementari, "Gli Occhi di Mia Madre".
Avevo disegnato due occhi giganti, grigi e azzurri, con dentro un laghetto, una barca, qualche albero, una montagnetta di sabbia.
Perché pensavo che gli occhi di mia madre avessero un mondo dentro, un paesaggio, una storia da vivere.

I tuoi sono così. Con i colori del muschio e dell'acqua ghiacciata.
Con i colori del sud, con l'amore che si fa dopo pranzo, mezzi addormentati mentre tutti fanno la pennica.
Tu sei quel momento di amore unico, amore senza fine, che immaginavi provassero i genitori in campagna, dopo quei pranzi infiniti, se si chiudevano a chiave in camera.

Con i gabbiani dell'incertezza che volano e lasciano il loro canto insieme ai dubbi e alla malinconia.
Quella di non poterci sapere vicini in un normale mercoledì, un qualsiasi mercoledì, come i mercoledì di tutti gli altri.

L'amore diventa una faccenda complicata, quando non escono parole e ci sono solo occhi giganti a raccontarlo.

Essere Felici: Un Lavoro Full Time

lunedì 10 febbraio 2014
Per molte persone essere felici è relativamente semplice.

Perché sono nate in un certo modo, cresciute in un certo modo.

Hanno giornate fluide e sono serene, anche se, magari, non se ne rendono conto.

Altre persone, e in parte mi inserisco in questa categoria, vengono da strade scoscese.

Per alcune persone avere piatti puliti e cuscini colorati sul letto è già una parte importante della giornata.

Per saper apprezzare le cose che si hanno probabilmente ci vuole una dose di pessime esperienze passate.
Bisogna lavorare duramente su se stessi, in certi casi, per imparare a sorridere.


Quando si arriva da qualcosa che ci ha scalfito sembra la cosa più semplice buttarsi via.

Non lottare più per se stessi, per la propria felicità.

Perché tanto ormai siamo così pieni di lividi e cicatrici, che nessuno ci vorrà conciati così, con questa valigia tutta rotta piena di scarti dei nostri errori, degli errori di chi in teoria doveva amarci.

Ho cercato per molto tempo, negli altri, la calma e il conforto di cui avevo bisogno.

Ma ho scoperto, poi, che l'unica calma e l'unico conforto reale e duraturo che si possa avere arriva proprio da noi stessi.

Solo che non è immediato, va costruito.

Ed è FATICOSO.

Se siamo pieni di cicatrici emotive allora siamo altalenanti, ipersensibili, diffidenti, arrabbiati, fragili, timorosi.

Di sicuro non siamo utili a noi stessi.

Allora dovremmo cercare di aiutare qualcun altro. Questo è il primo modo per trovare una sorta di equilibrio interiore.

Sembra paradossale ma è così.

Ascoltiamo gli altri invece di cercare ascolto.
Diamo consigli invece di chiederne.
Inaspettatamente scopriremo che tutto il male, tutto il dolore, è ora una pistola che spara a salve, che spara fiori.

Quante volte abbiamo provato a cambiare look?
"Mi vedo ingrassato, vado in palestra".
"Vorrei sembrare diversa, mi taglio i capelli"

Ma quante volte pensiamo "Mi sento triste, voglio diventare felice".
"Non sorrido mai, voglio diventare sorridente".

La palestra del cuore è molto più faticosa.

Perché cambiare le abitudini del nostro essere è più complesso che diminuire i grassi saturi nella nostra dieta.

Sono cresciuta pensando che le emozioni fossero cosa da nascondere, cosa poco elegante, poco adatta a situazioni comuni.

Sono cresciuta pensando che anche all'interno dell'intimità si dovesse essere perfetti e recitare un personaggio.
Essere composti, ordinati, educati.

Non ho mai avuto uno spazio in cui essere me stessa ed esplorare realmente ogni lato di me stessa.

Ho dovuto costruirmelo.

C'è una persona nella mia vita che ha una risata contagiosa.
Una risata alla "beavis and butt-head".
Una risata che ti fa sembrare un po'scemo.
Mi sono innamorata di quella risata e ho voluto cucirmela addosso.
Incurante di cosa avrebbe detto la gente.
L'ho fatto e la indosso da qualche tempo.
Mi fa sentire leggera.

Ho voluto imparare ad essere imperfetta, sbagliata, poco precisa.

Ci tenevo davvero. A uscire dagli schemi.

Lo trovo fondamentale per respirare. Per sentirmi più elastica anche nei confronti degli altri.
Ognuno sa su cosa dovrebbe lavorare, per sentirsi meglio.
Ognuno ha questa "chiave".
Ma in pochi decidono di dedicarsi a questo lavoro, in quanto è full-time.

Quando ho incontrato te ho avuto subito l'impressione che non mi facessi stare bene con me stessa.
Ma ero affascinata, travolta dalla passione.

Mi hai detto che ero ridicola, perché piangevo per delle stronzate.

Che ti mettevo l'ansia, perché ti chiedevo di non dirmi più bugie.

Ma ero bella.
La bellezza, dicevi, era la cosa che di certo non mi mancava.
Bella fuori, sbagliata dentro.

Il mio corpo, sempre più sottile, ero la specchio della mia anima triste, incompresa.

Così, dopo, mi sono ritrovata a non capire come nella vita le cose potessero essere semplici.
Perché con te era sempre tutto così difficile.

Quando si arriva da situazioni complicate, di lavoro, famiglia, amore, non si sa come essere tranquilli.
Si cerca sempre la sofferenza, la cosa più complicata, il retroscena.
Perché è l'unica realtà che siamo abituati a riconoscere.

Come i cani che arrivano dal canile, che chissà quali esperienze hanno avuto prima di incontrare un padrone buono.
Spesso ci vuole una vera e propria riabilitazione emotiva.
Per imparare il DIRITTO alla felicità.

Per lasciarsi andare alla semplice bellezza delle cose belle.
Senza trucchetti, senza pedine, SENZA.

Semplicemente "CON".

Per tutti voi, cuccioli di persone.. forza.

The Best is Yet To Come.
Il meglio deve ancora arrivare.

S.



"Il Rumore della Ciotola" - Caro Moki

mercoledì 5 febbraio 2014
Caro Moki,
questa è una lettera che ti ho scritto per il tuo primo compleanno, a luglio.

Ti ho conosciuto che avevi già tre mesi e non avevo idea di cosa saresti diventato per me, per i miei amici, la mia famiglia, e chiunque ti abbia incontrato.


Pensavo di desiderare un dolce amichetto, pensavo che avere un cane fosse una cosa completamente diversa da questa.

Pensavo che avrei capito cosa provavo per te e che questo sentimento mi avrebbe accompagnato sempre senza mai cambiare.

Ho scoperto poi che ogni minuto della giornata è diverso da quando ci sei tu.
Perchè non smetto mai di imparare e crescere, e tu mi stupisci sempre.

I primi mesi sono stati durissimi. 



Eravamo a casa da soli, come adesso del resto, ma tu eri un cucciolo pieno di energie e pieno di pipì!

La volta che hai fatto pipì sul cavo di fastweb, dopo che non avevi voluto farla sul tappetino.. o quando l'hai fatta sul divano, sul letto..

Non era facile, ma la cosa sulla quale abbiamo litigato di più è stata la tua testardaggine.

Tutti ti vedono come un adorabile peluche, ma io so chi sei realmente!

Sei uno che seduce e abbandona, uno che fa solo di testa sua, un furbo che fa finta di essere scemo. Insomma, il classico maschio che fa impazzire tutte ;)

Sei un belloccio e lo sai. Ti metti anche in posa per le foto di instagram.

Moki Deejay

Moki Calendario Pirelli 2013

Socievole, tanto. Giochi con tutti, non fai differenze con (quasi) nessuno.

Anche perché io ti ho sempre lasciato libero di socializzare, penso sia la cosa più importante.

Se vedi una signora anziana la fai felice andando da lei, se dei bambini ti prendono in braccio mi guardi con l'aria sofferente perchè io e te lo sappiamo che non ti piace stare in braccio, ma non tenti di scappare, li lasci fare.

Perchè alla fine tu sei uno dei buoni.

E la cosa che di te mi piace di più è che mi fai ridere.

Ogni volta che ti guardo hai sempre un'aria buffa.

Moki e il Tylenol

Con questa faccetta che parla e dice tutto con i bottoni che hai al posto degli occhi, mio piccolo cane di pezza, cane di lana, cane di carta.

Cane di Carta era un cagnolino su un giornale, del quale avevo ritagliato la foto quando stavo a New York, in un periodaccio della mia vita.

Lo tenevo sul comodino e lo conservo ancora.
Gli dicevo "Buonanotte Cane di Carta"..

Può sembrare molto strana una cosa del genere superati gli 8 anni, ma io non ho mai detto di essere normale.

Cane di Carta era tutto bianco. 

Un po' gli somigli.

Così come somigli a molte foto che ho ritrovato nell'iphone. 
Foto di cani di gente che incontravo per strada. 
Chiedevo: "Che carinooo, posso fargli una foto"?
Ovviamente oggi ricambio il favore all'Universo, lasciando che ti fotografino tutte le volte che me lo chiedono.

Comunque vedi, eri previsto.

Tu eri previsto nella mia vita perchè io ti ho voluto tanto.
Ti volevo prima ancora di sapere di desiderarti.

Ora ci sei tu con il rumore della ciotola.
Quel rumore simile a quando si dice "Facciamo un brindisi!" e qualcuno tocca il bicchiere con la forchetta per richiamare l'attenzione di tutti.
Quel rumore mi rassicura, mi sa di casa.
Perchè so che ci sei, e che sei affamato.

Del resto gli unici rumori che fai sono quello e il tip-tap delle zampine sul parquet.

Ti avrò sentito abbaiare si e no 7 volte in un anno. Tu sei così.

Indipendente, riflessivo, silenzioso.

Moki Blogger

Non sei geloso di me, ma mi segui come un'ombra.
Cerchi di infilarti col muso nella doccia mentre me la faccio, non riesci a restare sul divano se io vado un attimo in bagno, devi seguirmi dopo un secondo.

Sono riuscita ad educarti. 
Ti ricordi l'inverno passato con i biscottini premio e i giocatoli? 
Le prime volte che ti dicevo "fermo" tremavi come una foglia, Dio se eri piccolo... ora sei calmo come una sfinge, un piccolo Lord.

A meno che non ci sia da giocare, ovvio!
Hai una voglia di vivere che dovrebbe insegnare tanto a tanti.

Ti piace quando prendo la chitarra e canto, a differenza di tanti altri che pensano che la musica sia x-factor e basta, o che sia estensione alla celin dion, quando invece la musica è come l'amore, il sesso. 
Nessuno può dire chi sa farla e chi no, ma tutti possono viverla se è questo che li fa stare bene.

Ci sei stato quando litigavo col mio ragazzo, quando litigavo con mia sorella, quando dicevo parolacce a piogga davanti a final cut, quando piangevo davanti alla chitarra chiedendomi cosa farne e quando ascoltavo i Bon Jovi in cuffia e nemmeno ti calcolavo.

Moki e Final Cut

Mi lasci libera, ma per me ci sei sempre.
Ogni volta che mi vedi dopo un'ora di assenza sembra che tu m'abbia aspettato per una settimana intera. 

Certi giorni vado in fissa a chiedermi: "Ma sarai felice Qui, con me?"
Vorrei sapessi che questa è casa tua e che io ti voglio bene e te ne vorrò sempre. 
Vorrei sapessi che non vedo l'ora di fare mille nuove avventure con te. 
E non nego che il nostro rapporto sia un impegno e una responsabilità reciproca, ma so che tu mi aspetteresti sempre e che io aspetterei te. 
Non ci sono incertezze fra di noi.
Sembra che la vita che credevo ormai di conoscere non fosse che un antipasto, perchè tu hai reso tutto nuovo.

Moki al Mare
Moki in "Vacanze Romane"

Quest'anno hai visto per la prima volta il mare, e io già sogno di condividere con te il giorno del mio matrimonio, il primo figlio, e tutte le cose che spero avrò la fortuna di vivere.

Moki e Brady
Nessuno può sapere cosa ci sia fra un cane e il suo amico umano.
Ogni storia è diversa.
E la nostra storia è appena iniziata.



:)


Quando Arriverai.

lunedì 3 febbraio 2014
Quando arriverai non potrò salutarti.

Dovrò subito fare il giro dell'isolato in tondo e ritornare sotto al portone, per essere sicura che sei arrivato veramente.

Quando arriverai ti bacerò fino a quando qualcuno non dirà che è un'indecenza, così in mezzo alla strada.

Ti dirò di aspettare un attimo, ed entrerò dal fruttivendolo a prendere un fiore di zucca, per regalartelo come fosse una rosa.

Perché come mi ha insegnato nonna, conta il pensiero.

Ti dirò subito che io a casa non ho più il letto, perché non ci serve, insieme possiamo dormire anche in piedi, come i cavalli.

Non saprò cosa fare prima, quando arriverai.



Attorcigliarti i capelli, camminare vicini fino al bar solo per vedere quanto sei più alto di me e quanto il nostro riflesso nelle vetrine sia bello.
Andare al cinema per comprare la confezione di pop corn più grande e mangiarli tutti insieme fino a quando mi dici "che li ho finiti tutti io".
Allora io metto il broncio perché mi fai sentire grassa e tu mi dici "ma se sei trasparente" e sigilli le mie cretinate con un bacio.
Portare il cane al parco, spiegarti come funziona il mondo dei cani e dei padroni dei cani, farmi invidiare da tutte quelle acidone perché tu sei bello e hai un cespuglio di idee in testa.
Accendere la tv a casa perché non la accendo mai, e io con te voglio fare solo cose nuove.

Quando arriverai voglio che mi dici di nuovo che non hai più fame perché intrecciare i tuoi respiri con i miei te la fa passare.

Stare nel buio, dopo aver spento la lucina sul comodino, convinta che ti addormenterai, quando invece mi parli e sei sveglio, perché sei curioso, di parlare di me, di me con me.
E io non ci sono abituata.

Quando arriverai ti chiederò scusa per quando sono stata un po' troppo dura, ma io sono abituata a difendermi da tutto e tutti, perché quello che sono l'ho fatto io, e di cavalieri romantici non ne ho mai avuti.

Ti dirò che è una fortuna che tu sembri sempre un po' distante, perché se non fosse così ci saremmo già annoiati.
Basto io a dipingere di colori pastello ogni momento che viviamo da quando ci siamo visti, sotto quella lampada, occhi verdi e occhi grigi.

Quando arriverai ti dirò che il giorno prima ho comprato i tuoi cereali preferiti.
Perché mi ricordavano quando mi hai preparato la colazione e ti sei seduto vicino a me.
Mangiavo lo yogurt, il caffè stava "uscendo"e tu mi tenevi la mano.
E io colazione con tanto amore non l'avevo mai fatta, nemmeno da bambina.

Non ci capirò più niente, quando arriverai.

E sarà bellissimo vivere le giornate, senza pensare a dopo, che tanto a noi non serve.
Perché allontanarsi, a noi, non ci separa.